MOSTRA FOTOGRAFICA – LA MEMORIA DELLA GRANDE GUERRA IN PUGLIA


digital library
la memoria della Grande Guerra
Mostra d’Arte Fotografica di
roberto sibilano
(accademia di belle arti di bari)
curata da Isabella Di Liddo
(Università degli Studi di Bari “Ado Moro” - LeLia)

promossa da Enkomion, trimestrale di Storia Letteratura e Arte

30 luglio - 31 agosto 2018
Biblioteca e Pinacoteca Civica Comunale
Palazzo Miani Perotti - Cassano delle Murge (Ba)
collaborazione: Massimo Nardi 

foto: Roberto Sibilano
testo in catalogo: Isabella Di Liddo
catalogo: Messaggi edizioni
ufficio stampa: EDI Media Communication

“L’esposizione mira al recupero della memoria storica attraverso la valorizzazione dei  monumenti dedicati ai Caduti della I guerra mondiale eretti in Puglia; questi, generalmente collocati al centro dei  giardini e piazze dei centri abitati, costituiscono il segno tangibile della memoria storica della grande Guerra”. Così Isabella Di Liddo, ricercatrice presso l’Università di Bari e curatrice della mostra, presenta la mostra d’arte fotografica “Digital Library. La memoria della Grande Guerra” di Roberto Sibilano, fotografo, docente presso l’Accademia di Belle Arti di Bari.
Pubblicata nella “Digital Library” della Regione Puglia, patrocinata dall’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari e dall’Accademia Belle Arti di Bari, promossa dalla rivista Enkomion e organizzata dal Comune di Cassano delle Murge, la mostra si avvale della partnership della Messaggi edizioni, della EDI Media Communication, del Sito dell’Arte e della locale Fratres. Allestita nelle sale della Pinacoteca Comunale di Palazzo Miani Perotti, a Cassano delle Murge, sarà inaugurata lunedì 30 luglio alle ore 19.30 e rimarrà aperta la pubblico fino al prossimo 31 agosto.
Interverranno al vernissage il sindaco Maria Pia Di Medio, la presidente della Commissione cultura Francesca Marsico, la curatrice, prof.ssa Isabella Di Liddo, ed il fotografo Roberto Sibilano. 

Al piano superiore della Pinacoteca si potrà visitare la Mostra dell'artista Franco Cortese curata da Massimo Nardi promossa dall'associazione officine del SUD



La Puglia, terra lontana dal fronte bellico, aveva contribuito come le altre regioni d’Italia ad inviare in guerra un’intera generazione di giovani che finì per perdere la vita in virtù di un inconsapevole sacrificio nazionale. Piccoli e grandi centri urbani pugliesi si popolarono, quindi, di segni materiali della memoria (monumenti, lapidi, ossari e cappelle) nonché della retorica della commemorazione pubblica della guerra.
Accanto al significativo obiettivo di recupero della memoria storica, questi monumenti sono al tempo stesso opere d’arte, come ricorda la promulgazione della legge n. 78 del 7 marzo 2001 sulla ‘Tutela del Patrimonio Storico della Prima Guerra Mondiale’.
Benché a livello nazionale le esperienze scultoree di Medardo Rosso e di Boccioni, Wildt e Martini svilupparono un linguaggio innovativo, per l’abbandono della matrice verista a favore della scomposizione della forma e di soggetti raffigurati con grande carica umana, invece la scultura pubblica sceglie, se non per alcune eccezioni, di celebrare il tema della guerra attraverso la persistenza di una statuaria di matrice verista e accademica.
L’attenzione al dramma, alla retorica altisonante, trova i suoi immediati riferimenti nel filone della cultura risorgimentale che aveva celebrato i suoi eroi proprio con monumenti collocati nelle pubbliche piazze, si pensi ai tanti Garibaldi a Cavallo e ai busti di Mazzini, gli eroi del risorgimento italiano. In tal senso le osservazione di Benedetto Croce, allora Ministro della Pubblica Istruzione, appaiono piuttosto significative:
«Fra i monumenti eretti e tra quelli in progetto ve ne sono di pessimi; e se si dovessero continuare nelle attuali condizioni non tarderemo a vedere i luoghi della nostra guerra invasi da inopportune deturpazioni».
Il monumento ai Caduti in Italia è il simbolo tangibile di quella memoria, malgrado queste opere, come vedremo, andarono ad alimentare la retorica della guerra stessa, esaltandone il valore e il sacrificio. Molta critica infatti sostiene che la collocazione di monumenti nei luoghi più rappresentativi delle città italiane, appare un chiaro meccanismo psicologico adottato per consolare le famiglie per la grave perdita, affinché quel sacrificio non apparisse privato ma collettivo. Tutto questo alimentò la frenesia costruttiva della “condivisione del dolore pubblico”.
A rileggere la storia della realizzazione di questi monumenti, fa riflettere l’attivismo di Comuni, di comitati, di ex combattenti e singoli cittadini che, attraverso una raccolta pubblica di fondi, si adoperarono per la realizzazione del pubblico monumento.
Ora la scelta di collocarlo nello spazio pubblico sembrò la soluzione più ovvia. In Italia la piazza, memore dell’antica agorà, ha costituito il luogo privilegiato per la celebrazione dei riti pubblici: da quelli civili, religiosi ed economici.
Sembrava quindi immediata una onorevole collocazione pubblica nello spazio pubblico per eccellenza: la villa comunale. Questa tipologia di giardino, tipicamente pugliese, a partire dalla prima metà del sec. XIX, entra a far parte della progettazione urbanistica dei nuovi borghi ottocenteschi.
Sorte ai margini dei centri abitati, le ville comunali costituiscono il collegamento tra il vecchio centro storico e il nuovo borgo; il nuovo spazio pubblico, ideale per la realizzazione del monumento. Piccoli e grandi centri urbani pugliesi si popolarono quindi di segni materiali della memoria (monumenti, lapidi, ossari e cappelle) nonché della retorica della commemorazione pubblica della guerra. L’Italia ha visto solo di recente.
La Mostra si propone quindi di operare una analisi critica di questi monumenti, spesso considerati dagli storici dell’arte privi di valore artistico, e benché il valore artistico di questi monumenti non appare sempre il valore preponderante è innegabile tuttavia che essi si prestino a letture di carattere storico, sociale e antropologico.
Una rapida rassegna iconografica mostra che questi monumenti trattano perlopiù il tema della scultura a figura umana, quasi sempre allegorie della Patria, della vittoria, del soldato, talvolta scene di battaglia o simboli dal valore prettamente militare, come nel caso della bandiera, o gli emblemi delle fanterie. Appare chiaro che gli artisti non sposarono un unico atteggiamento, in particolare ciò appare evidente per esempio nell’attività di Amleto Cataldi.
Infatti lo scultore romano adotta un doppio registro, di matrice classicheggiante verista quando realizza i monumenti ai Caduti, in Puglia per la città di Foggia (1928) e San Severo (1923) mentre nell’ambito della committenza privata riscopre i canoni della cultura figurativa romantica, liberty. Al tempo stesso resta ancor oggi uno scultore poco conosciuto sebbene l’analisi della sua attività artista mostra di aver goduto di una certa fama in Italia e all’estero per le numerose commissioni ricevute.
Cataldi lascia in Capitanata due monumenti ai Caduti: a San Severo del 1923 e a Foggia del 1928. E’ interessante valutarne le differenze stilistiche poiché emblematiche della sua evoluzione stilistica.
Il monumento a San Severo presenta l’eroica figura maschile nuda (secondo la tradizione greca) che nella sinistra regge uno scudo e nella destra solleva una spada; alle spalle, la figura femminile sorregge una ghirlanda d’alloro, destinata ai valorosi in battaglia, e cinge con una mano la spalla dell’eroe. Sul basamento la seguente iscrizione: “Ai caduti per la Patria 1915-198”. La figura femminile è l’iconografia della vittoria, personificata da Minerva dea della guerra, che sostiene il guerriero nell’atto di affrontare la battaglia.
Cinque anni più tardi, nel 1928, Amleto Cataldi realizza il Monumento ai caduti per la città di Foggia. Una tipologia abbastanza interessante per un monumento ai Caduti in quanto si tratta di una fontana quadrangolare con un recinto a balaustrata e agli angoli 4 putti in bronzo accovacciati nell’atto di soffiare in una conchiglia. Al centro un enorme basamento in pietra in cui sono collocate tre figure in bronzo. Due eroi e una donna che sostiene un neonato. Tutti reggono con una mano un cuore su cui è collocata una figuretta alata. Monumento singolare che non trova precedenti iconografici in Puglia.
I due eroi raffigurati con una possente muscolatura mostrano fieri il loro corpo: uno presenta un’armatura elegante, l’altro il corpo completamente nudo, fasciato solo da un perizoma, elementi tuttavia che non nascondono le qualità formali della muscolatura. La figura maschile con l’armatura sostiene una spada e richiama il modello iconografico del militare romano, mentre l’altra figura si mostra nell’atto di stringere un martello, pertanto il primo allude alla strategia militare, l’altro alla forza e alla potenza del gesto.
L’analisi dei monumenti pugliesi per i caduti della grande Guerra mostra la dipendenza da modelli di matrice verista accademia legata perlopiù a modelli tardo ottocenteschi.
Resta l’opera del Cataldi unica sul panorama regionale, il monumento di più ampio respiro culturale e che non ha trovato repliche sul nostro territorio. Infatti, prendendo in esame i monumenti pugliesi ai Caduti, appare evidente che gli artisti pugliesi e non che si dedicarono a questo genere diventano stanchi replicatori di fortunate iconografie che trovano ampia diffusione nei cataloghi d’arte specializzati.
Uno dei casi più interessanti è quello del pugliese Vitantonio De Bellis autore di alcuni monumenti pugliesi

(Rutigliano, Carbonara, Cassano delle Murge, Conversano, Casamassima, Modugno, Torre Santa Susanna, Erchie, Genzano, Brindisi), tanto da poterlo definire con tutta serenità uno specialista nel genere, attività fortunata che porterà lo stesso artista a dedicarsi, negli anni ’60’70, al restauro e reintegro dei suoi stessi monumenti.
È il caso del monumento di Casamassima. Nel 1919 il Comitato cittadino per le onoranze ai Caduti della Grande guerra valuta positivamente il progetto di Gaetano Stella, insegnante di plastica alla Scuola di arti e mestieri di Bari.
Il comitato richiede espressamente una lapide in marmo e bronzo riportante i nomi dei cittadini caduti. Il mancato rispetto dei tempi di consegna del monumento però condurrà il Comitato a togliere l’incarico a Stella, che fino ad allora aveva solo realizzato le figure simboliche in bronzo, e affidare l’esecuzione a De Bellis, che completerà il monumento, definitivamente inaugurato il 7 gennaio 1923.
L’operare dell’artista pugliese non disdegna la replica di moduli iconografici consolidati, si veda infatti la Vittoria alata che sorregge una fiaccola e una spada replicati nel monumento ai Caduti di Cassano delle Murge del 1934 e in quello di Rutigliano.
Un altro pugliese molto attivo in tale pratica è il tranese Antonio Bassi che realizza i monumenti di Trani, nel 1923, Mola e Ortanova o Mario Sabatelli autore delle sculture in bronzo del monumento ai caduti di Bisceglie e del monumento ai Caduti di Gumo Appula nel 1926.
A Bitetto invece il Monumento ai caduti, datato 1921 è opera dell’artista Giuseppe Tonnini (Loreto 1875Roma 1954). Un esile figura femminile alata, leggera e dalle forme aggraziate svetta su un basamento quadrangolare che riporta nella parte anteriore, in basso, la figura di un fiero soldato equipaggiato, nell’atto di camminare, che mostra la targa dedicatoria dei caduti. Lo stesso artista aveva realizzato il monumento di Modugno, non più in loco e rifatto negli anni ‘60 da De Bellis.
Al fiorentino Arnaldo Zocchi invece viene affidato nel 1928 il monumento ai caduti di Altamura, completamente rifatto in stile nel 1960. Zocchi aveva realizzato nel 1924 il monumento ai caduti di Anacapri, una vittoria alata in bronzo in stile meno altisonante ma con un pesante panneggio e elmo sormontato da una testa di aquila.
Il monumento di Altamura invece presentava una vittoria alata che capeggiava il moto ardimentoso di soldati nell’atto di scagliarsi sul nemico, stesso dinamismo proposta dall’opera di Giulio Barbieri nel monumento di Ascoli Satriano del 1925 (fonderia Rohrich&Paris). Il tema dell’incitamento alla battaglia viene proposto anche dal lombardo Angelo Galli a Gravina, dove la figura femminile sostiene una Bandiera e addirittura sormonta un cavallo al galoppo.
Monumento abbastanza complesso è quello dell’artista molfettese Cozzoli a Molfetta datato 1926: la vittoria alata sorregge il soldato morto, alla base del monumento le vicende cruenti della battaglia. Cozzoli dalla formazione classica avvenuta a Napoli presso l’accademia e il Museo Nazionale mostra di saper interpretare il modellato classico in forma raffinata e verista
Alcuni pugliesi furono molto attivi sul versante campano. Per esempio Raffaele Ferrata, nato a Foggia nel 1889, autore del monumento ai caduti di Barletta nel 1929, oggi distrutto, e quello di Pescopagano (PZ). L’artista foggiano, che aveva frequentato l’Accademia napoletana, realizza il un bassorilievo in bronzo in una lunetta della casa comunale di Secondigliano raffigurante con la vittoria alata che sorregge un guerriero morente che raffigura un eroe greco dalle membra tornite (1928). Lo stesso realizza nel 1926 il monumento ad Afragola, un altorilievo in bronzo raffigurante la patria di lessico classicheggiante che affianca la targa con i nomi dei caduti, modello simile nel genere al quello realizzato da Guido Passaglia a Lucera (1920), e quindi probabile riferimento per il Ferrara.
Un altro pugliese è Giuseppe Pellegrini, molfettese di origine che realizza a Nola un monumento ai caduti raffigurante una vittoria alata che sormonta un basamento in pietra, adorno di un gruppo scultoreo di soldati in combattimento (1924). Poco tempo prima, nel 1921, aveva realizzato il monumento ai caduti di Ruvo di Puglia (oggi distrutto).
Tra i pugliesi attivi a Napoli ricordiamo Gaspere Bisceglia nato a Monte Sant’Angelo e autore di una targa commemorativa nel Salone grande della Corte d’appello di Napoli, raffigurante la patria e il soldato. Studia presso l’accademia napoletana, allievo di Achille Orsi, realizza un monumento ai caduti a Palma Campania, mentre in Puglia i monumenti di Monte Sant’Angelo, San Marco in Lamis e Trinitapoli.
Pugliese di origine Francesco Pinto è un altro artista che si dedicherà alla realizzazione di monumenti ai caduti; Turi nel 1924, ma completamente rifatto da De Bellis negli anni ’60 e Castellana Grotte nel 1921, anche questo rifatto nel 1948 quando Giovanni Laricchia sostituisce, con una iconografia completamente nuova, la scultura della Patria in bronzo con una lampada votiva.
Si segnala inoltre la grande fortuna dei Cataloghi d’Arte, per esempio quello della Casa d’arte romana Giuseppe Ciocchetti, infatti al 1925 si data il Monumento di Laterza che mostra una Vittoria alata nell’atto di sostenere un soldato morente, il monumento ai Caduti di Conversano realizzato negli anni sessanta da De Bellis, il Monumento ai Caduti di Maglie che mostra un fante che esorta alla guerra, fino alla Vittoria alata di De Bellis a Rutigliano e Cassano delle Murge.
A Cassano Vitantonio De Bellis posiziona su un alto basamento un gruppo scultoreo in bronzo, realizzate dalla fonderia napoletana Chiaruzzi: al centro l’Allegoria della Vittoria, ai piedi un soldato accasciato, forse perito, e un altro raffigurato vivo con lo sguardo fiero, nell’atto di lanciare una bomba, sono queste le due facce di un evento drammatico che si perde tra la celebrazione dell’eroismo e del sacrificio.
Il fondamentale lavoro di Roberto Sibilano è di supporto all’analisi del monumento che distrattamente si presenta nel nostro vivere quotidiano fino a giungere al suo completo annullamento.
Roberto Sibilano rilegge questi monumenti e, attraverso lo studio della luce naturale, indaga e cattura le tornite carni muscolose degli eroi possenti, i visi algidi e fieri, le vittorie alate e leggiadre. La sua personale lettura, un attento focus ravvicinato, sembra far perdere la naturale gravitas monumentale, tipica di questa scultura, per acquistare così una visione poetica e malinconica ma senza dubbio affascinante.
 Isabella Di Liddo (Dipartimento LeLia – Università degli Studi di Bari Aldo Moro)