Niger, DI SEGNO IN SEGNO




     


Atelier d'Architettura
via Matteo Renato Imbriani n.105, 70121 Bari

L'Atelier torna ad aprire le sue porte all’arte e all’inedita creatività con un allestimento vivace e metropolitano di dipinti realizzati da un giovanissimo artista barese: Vito De Tullio, Niger lo pseudonimo con cui firma i suoi lavori.
Autodidatta si dedica da anni ad una pittura gestuale e segnica in cui il simbolo ed il colore sono assoluti protagonisti. Son sempre dell’idea che la prima impressione che ho, accostandomi ad un artista e al suo lavoro, è quella che conta davvero. Ebbene, voglio confessare quale fu l’immediata sensazione che avvertii quando, per la prima volta, in una ricognizione di giovanissimi autori da promuovere in Atelier, mi trovai a posare gli occhi sulle carte e sulle composizioni di Niger: l’impressione fu quella di una prorompente giovinezza che grida, di segno in segno, la propria ribellione al convenzionale visivo attraverso una pittura istintiva, giocosa ed a tratti asfissiante e compulsiva nei suoi molteplici rinvii simbolici. La sua espressività mi respingeva e attraeva al tempo stesso. C’è di fatto in ogni sua composizione la vitalità della gioventù e l’acerba, ma non per questo meno efficace, esperienza tecnica che va via via evolvendo verso una pittura più matura e consapevole. Dallo scrupoloso esame delle sue tele emerge che l’artista, nella varietà della sperimentazione grafica, opera anch’egli una singolare selezione a livello di tratteggio e segni, avendo, a mio giudizio, per traguardo due finalita’: la prima e’ rispondere in maniera più congeniale al suo modo istintivo di vedere e distribuire simboli e colori; la seconda e’, attraverso l’aggregamento cromatico di segni e disegni, indirizzare il fruitore a cogliere la sua prepotente e vitale ribellione al convenzionale immaginario visivo. Optando per i neri e le tinte forti, Niger non ne privilegia nessuna in particolare: le sperimenta tutte, le esalta tutte, le accosta tutte, pronto a sconvolgere i canoni della tradizione figurativa purché esse brillino al massimo delle loro individualità. Nelle sue composizioni la variabile della sua coordinazione cromatica, poi, permette di individuare le fasi della modulazione segnica e della conseguente leggibilità del simbolo prescelto, per cui potremmo definire il risultato artistico della sua fantasiosa creativa come una speciale scrittura pittorica: istintiva e progettuale al tempo stesso. E che tutto sia sapientemente spostato tra ispirazione e progettazione, lo si ricava dall’evidenza della vivace reciprocità che si scambiano l’elemento fantastico e l’effetto epidermico volutamente ricercato nella tecnica mista di molti dei suoi lavori. Reciprocità che si ripropone, ovviamente, nell’incastro del colore con simboli, segni e materia cartacea: la distribuzione del suo addensamento non è caotica, bensì irruzione grafica dosata da un personalissimo equilibrio compositivo. Il suo messaggio artistico di rottura non si può scollegare dalla ricerca minuziosa del suo studio su alcuni geni artistici del novecento, fonte ispiratrice della sua opera. Impossibile non fare diretti rinvii al cubismo di Picasso - pensiamo ai dipinti “ Untitled” del 2015 o a “Gaia” del 2016 al graffitismo americano di Jean Michel Basquiat e di Kaith Harring, anni sessanta, settanta e ottanta, alla cultura Hip-Hop e alla Street Art di John Fekner. I riferimenti iconografici al writting, Niger sa poi ricomporli con originalità espressiva, attraverso una pittura dalla forza primitiva e poetica¸ nei suoi collage dal ritmo frenetico, su tele fitte di costellazioni di pensieri, disegni e segni; giochi di parole, tracce di fumetti, provocazioni e riflessioni filosofiche sulla vita, sulla morte e sulle sue simbologie: indicative a tal proposito sono le opere “Anarchy 8.7 “ del 2015 e Harmonius Chaos del 2017. Un mondo pittorico, il suo, fatto di visi, maschere, simboli, parole legate fra loro come un intreccio, capace di suscitare emozione e cortocircuito percettivo. Di fatto le sue visioni e ossessioni, ricche di riferimenti alla simbologia dell’arte, ci permettono non solo di penetrare e comprendere l’inquietudine dell’artista ma ci avvicinano tanto alla sua spontaneità creativa, libera da condizionamenti, quanto al suo “primitivismo”, ricco di umanità e di valori essenziali come nelle opere “ Snowwhite’s syndrome” del 2015 , Me, “My Self and I” sempre del 2015 e “Woman in love with arts” del 2016 . 
Figlio del superamento dei sistemi ideologici, imbevuto di memoria Underground e delle innovazioni tecnologiche, in una sintesi moderna tra sacro e profano, la sua opera ci appare un’arte compulsiva e persuasiva, un’alchimia materiale e spirituale che con parole e immagini, come una vera e propria poesia di strada, di rebus misteriosi, denunciano le difficoltà dell’esistenza interiore e le ingiustizie di una società discriminatoria classista e razzista. Con le sue frasi smozzate, sincopate, messaggi criptici per una generazione che si sente ai margini di una società votata da tempo allo “yuppismo”, una pittura dai cromatismi aggressivi, un linguaggio arricchito anche da musica, scenografie, riferimenti erotici, immagini fumettistiche e pubblicitarie, Niger delinea i contorni della sua vita, che vuole essere “distruttiva”, per diventare innovazione creativa e arrivare subito nell’immaginario delle nuove generazioni.
Osservando ogni dettaglio grafico delle sue composizioni, non possono passare inosservati i simboli da lui spesso raffigurati come “simbolo di riconoscimento”: usa sovente il disegno di un occhio come amuleto contro le influenze negative o come rivelazione in quanto “specchio dell’anima”. I suoi grafismi sono colte citazioni: omaggio a numerose culture in cui l’occhio simboleggia ovunque, insieme alla mano, la divinità - “Untitled del 2015 “Untitled” del 2016 e “Thinking. Useless” del 2017. Ricorrente nella sua arte sono ossa e teschi, testimonianza del suo malessere interiore da cui si sente “mangiato vivo”, ingoiato da un sistema sociale e politico che gli sta stretto. 
Nei quadri di Niger ricorrono motivi costanti, linguaggi visivi diversi, dal fumetto alla pubblicità, che gli consentono di inventare quella sua particolare forma di: pittura- collage come nel caso delle opere “ El Raval” del 2016, “Remember Klimt” del 2017 o ancora “Le Tanzerin” sempre dello stesso anno. In ogni sua combinazione espressiva si scopre agevolmente la perfetta simbiosi tra l’elemento fantastico e l’indagine logica che lo potenzia. Ma il trionfo sontuoso, a tratti claustrofobico, di queste simbologie ha sempre e comunque la sua unica forza propellente nella irruente aspirazione artistica. Un’ispirazione, la sua, mossa da un distacco quasi ipnotico, come se fossero colori e simboli a guidare la sua mano in modo che, deposti su parti di supporto - tele, carte , cartoni o legno – scegliessero da soli dove e come orientarsi sul resto della composizione per poi completarsi armonicamente ed esaltarsi secondo il loro autonomo impulso. Anche i caratterizzanti interventi di lettere e parole, che potremmo definire note poetiche, concorrono a rendere concettuale la composizione progettata dalla fantasia spaziale, tanto prevale in essa l’astrattezza di un gioco di pensieri, libero e felice di culminare in un “ordine caotico” catalizzante al punto di coinvolgere, con un incantesimo visivo, non solo il visitatore incuriosito, ma, ne sono sicura, anche lo stesso giovane artista – padre orgoglioso delle sue enigmatiche creature. 
Sono attratta dalla singolaritàq! Mi piace lasciarmi sorprendere da espressività creative che mi lascino senza fiato. Sono affascinata dall’imperfezione che rende uniche le cose.
Dott. ssa Rosanna Mele