Bianco Contemporaneo presenta Oltre Il Bianco personale di Iginio Iurilli - 23 gennaio 2019 ore 18,00 - Via Reno 18a Roma



23 gennaio 2019 – ore 18.00



Oltre il Bianco personale di Iginio Iurilli

Bianco Contemporaneo
 è lieto di presentare

Oltre il Bianco 
personale di
 
Iginio Iurilli
Testo critico di 
Lorenzo Canova
Vernissage 23 gennaio 2019 ore 18:00
Fino al 15 marzo 2019
 
Arrivare alla Fondazione Pino Pascali in un giorno di aprile, con una tiepida brezza primaverile, predispone l’animo a riconoscere il bello.
Entrare in quel magnifico luogo carico di luce riflessa del sole della Puglia, inondati dal biancore delle sculture di Iginio Iurilli è stata un’esperienza sensoriale.

Opere capaci di sedurre i sensi e lo spirito. Come Partenope, Leucosia e Ligeia, ammaliavano con la loro voce i marinai, le sculture Impronta di Giunone e Grembo rapivano con il loro candore abbagliante i visitatori. Da quell’atmosfera irreale ed ebbra di luce, emergevano da una distesa di sale sagome marine.
È così che abbiamo scoperto il lavoro di Iginio Iurilli, ed in questo chiarore accecante abbiamo immaginato come Oltre il Bianco, avremmo potuto ricreare quell’ambiente incantato nello spazio di Bianco Contemporaneo.
Riproporre, in parte, quella mostra non produrrà lo stesso effetto, ma con l’apporto dei colori morbidi e delicati delle sculture di Iurilli, con gli aculei viola dei suoi ricci, attraverso lo squarcio rosso della sua opera più recente, scopriremo l’anima, l’armonia e la forza del mare della Puglia. Uno spicchio d’estate nel freddo e poco gradito inverno romano.

A completamento della mostra video di:
Alessandro Piva - Iurilli 1192, Ignazio Fabio Mazzola - Iii I i i, Massimo Ruggiero - From the Heart Contempo (festival Art)

Bianco Contemporaneo
Via Reno 18/a - 00198 Roma
www.biancocontemporaneo.it

Testo critico di Lorenzo Canova

Il mare assente

Il profumo, le ombre, i fantasmi di un mare invisibile, gli spettri dolcissimi di un luogo irreale e rimpianto, sabbie, conchiglie e ricci che popolano scogliere inesistenti: l’opera di Iginio Iurilli appare come un’elegia dedicata a oceani scomparsi, un canto lirico dedicato a distese d’acqua perdute di cui oggi sembrano rimanere solo fragili vestigia fatte di gusci e di sabbia.
Con la qualità antica di un’opera paziente e partecipe, Iurilli ci mostra dunque le ferite non rimarginate di quel mare assente, il suo dolore intangibile, il suo lamento lontano, eco di una sofferenza nascosta nelle pieghe luminose e abbacinanti di un bianco che risplende nel vuoto.
Iurilli fonda infatti la sua ricostruzione della natura basandola su una millenaria sapienza manuale, su un’azione consapevole e meditata che entra nel corpo fisico della materia estraendone un’essenza splendida e vibrante, calandosi nel centro segreto delle cose per scoprirne il misterioso nucleo concettuale, in una visione che si immette nella grande linea dell’avanguardia italiana dedicata al rinnovamento della visione plastica e al rigore quasi azzerante della monocromia.
Iurilli è tuttavia capace di unire gli echi romanici delle sculture che arricchiscono le cattedrali pugliesi all’espansione tridimensionale nell’ambiente di opere che, con energia leggera e possente, dialogano con il cuore dello spazio della vita, immergendo lo spettatore nei flutti e nelle correnti delle sue acque immaginarie.
Iurilli ricompone pertanto le sue forme complesse con il rigore di un antico costruttore, riprogetta e rielabora le sue strutture scavando nel deserto che una volta era un mare pescoso, estraendo e rianimando presenze sepolte dal tempo e dall’oblio.
Le valve delle conchiglie di Iurilli si aprono allora come petali, il soffio della vita le percorre nuovamente, i venti soffiano ancora tra le loro pieghe e gli odori di terre lontane, perennemente sognate e vagheggiate, attraversano i loro corpi svuotati donando loro una nuova esistenza, una vibrazione che sembrava oramai impossibile, il profumo sottile e inafferrabile della nostalgia di un viaggio su rotte impossibili, della navigazione irreale verso le isole bianche del suo mare assente.
Lorenzo Canova