Addio a Christo: muore la leggenda della Land Art. Aveva 84 anni




Christo, pioniere della Land Art e leggenda dell'arte contemporanea, è morto oggi, a 84 anni, nella casa di New York dove aveva vissuto con Jean Claude
Leggenda dell’arte contemporanea, maestro della Land Art, Christo Yavachev è morto oggi, 31 maggio, nella sua casa a Soho, New York, a 84 anni. Nel 1961, la prima collaborazione con Jeanne-Claude Denat de Guillebon, che aveva conosciuto nel 1958 e che è scomparsa nel 2009. A dare l’annuncio, la sua pagina ufficiale su Facebook, che ha specificato anche le cause naturali del decesso. «Christo ha vissuto la sua vita al massimo, non solo immaginando ciò che sembrava impossibile ma realizzandolo. Le opere d’arte di Christo e Jeanne-Claude hanno riunito le persone in esperienze condivise in tutto il mondo e il loro lavoro vive nei nostri cuori e ricordi», è la dichiarazione dell’ufficio di Christo, che ha specificato che la grande installazione prevista per l’Arco di Trionfo di Parigi verrà comunque realizzata, come da volontà dell’artista.




STATEMENT ON CHRISTO

May 31, 2020

Artist Christo Vladimirov Javacheff, known as Christo, passed away of natural causes today, on May 31, 2020, at his home in New York City. He was 84 years old.


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La vita di Christo

Christo nacque a Gabrovo, in Bulgaria, il 13 giugno 1935, dall’imprenditore Vladimir Yavachev e da Tsveta Dimitrova, segretaria dell’Accademia di Belle Arti di Sofia, dove il giovane artista avrebbe studiato dal 1953. Nel 1956, finiti gli studi, si trasferì a Praga da dove, l’anno seguente, raggiunse l’Austria, aggirando i blocchi dell’URSS. Da Vienna andò quindi a Ginevra, quindi, nel 1958, si stabilì a Parigi dove, vivendo ai margini della società, riuscì a sopravvivere realizzando ritratti firmati ancora con il cognome di Yavachev. Le prime opere firmate come Christo, sono dei dipinti astratti e degli impacchettamenti di oggetti e di modelli viventi nella tela o nella plastica. Furono proprio questi lavori a suscitare l’interesse dei suoi amici, tra i quali Arman e Yves Klein. Con loro si unì poi al movimento del Nouveau Réalisme.
L’incontro con Jean Claude avvenne nel 1958, a Parigi ma la loro relazione doveva iniziare solo più tardi. Sposata con Philippe Planchon, Jean Claude infatti scoprì di essere incinta di Christo che, ai tempi, frequentava sua sorella, Joyce. L’11 maggio 1960 nacque il loro primo figlio Cyril.
La loro prima opera insieme risale al 1961, nel porto di Colonia e, nel 1962, la prima installazione monumentale, il Rideau de Fer, un muro di barili d’olio a bloccare rue Visconti a Parigi, nei pressi della Senna, in segno di protesta contro il muro di Berlino. Trasferiti negli Stati Uniti nel 1964, iniziarono a definire la propria ricerca e a realizzare progetti di ampio respiro, intervenendo in maniera diretta quanto effimera su edifici, monumenti o paesaggi interi.
Considerati tra i pionieri della Land Art – anche se non comparirono nel film di Gerry Schum del 1968 che diede il nome al movimento artistico di Walter De Maria, Robert Smithson e Richard Long, tra gli altri – le loro opere sono state realizzate in tutto il mondo, tra maestosi edifici pubblici e paesaggi mozzafiato, da Spoleto, dove, nel 1968, imballarono la Fontana di piazza del Mercato e il Fortilizio dei Mulini, a Berna, dove fu la Kunsthalle a essere impacchettata, fino al Giappone, dove, in una valle compresa tra Hitachiota e Satomi, portarono 3mila ombrelli, diffusi su una superficie di 120 chilometri. Nel 2016, poi, ancora in Italia, con The Floating Piers, una passerella di 3,5 km sul Lago d’Iseo.
«In una lettera del 1958, Christo scrisse: La bellezza, la scienza e l’arte trionferanno sempre”. Teniamo queste parole da vicino oggi», scrivono dall’ufficio di Christo.

«Jaenne Claude e io siamo sempre stati molto portati alla fisicità, nel mio studio a Manhattan dipingo tutto io, non ho assistenti, non c’è l’ascensore, faccio 90 gradini molte volte al giorno, non amo stare seduto, mi piace muovermi. Io non so come aprire un computer, io non parlo al telefono perché non è come avere a che fare una persona presente, tutto ciò fa parte della mia sensibilità. Ecco perché il progetto è molto fisico, reale. È molto difficile da spiegare la patetica situazione del mondo di oggi, in cui ogni cosa si riduce ad uno schermo piatto, alla virtualità, è tutto completamente piatto, senza paure o pericoli reali. È rimasto poco di reale perché ciò che è reale è molto impegnativo, legato all’emozione», ci confidava lo stesso Christo, in una nostra lunga ed emozionante intervista.



  Redazione Exibart