Paesaggio e Veduta Dipinti da Palazzo Chigi in Ariccia e altre raccolte

                             
 Canaletto, Veduta del Canal Grande. Inghilterra, Collezione privata
 Pietro da Cortona, Paesaggio con il Monte Sassone sulla Tolfa
Pietro da Cortona, Paesaggio con il Monte Sassone sulla Tolfa


 Paesaggio e Veduta
 Dipinti da Palazzo Chigi in Ariccia e altre raccolte

Mostra a cura di: Francesco Petrucci
Luogo: Cavallino di Lecce
Sede: Galleria del Palazzo Ducale dei Castromediano, via Mario Gorgoni
Inaugurazione: 25 novembre 2017, ore 18,00
Durata: dal 25 novembre 2017 al 25 febbraio 2018
Orari: 9,30-12,30/16,30-20,00 Chiuso il lunedì  Ingresso libero
Info: 389 2886687  
Prenotazione visite guidate: 328 1382630  Il servizio è gratuito
Segreteria organizzativa: Ufficio Cultura 0832 617210 - 366 6385829
Ufficio stampa: Arting Service, artingservice@gmail.com  
Catalogo: De Luca Editori d’arte, Roma

Sabato 25 novembre alle ore 18,00 nel Palazzo Ducale dei Castromediano di Cavallino di Lecce, si inaugurerà la mostra Paesaggio e Veduta. Dipinti da Palazzo Chigi in Ariccia e altre raccolte.
Curata da Francesco Petrucci, Conservatore del Museo del Barocco romano di Palazzo Chigi in Ariccia, la rassegna, promossa dal Comune di Cavallino, grazie all’impegno del Consigliere delegato alla cultura On.le Gaetano Gorgoni si pone in continuità ideale delle mostre Dipinti del Barocco romano da Palazzo Chigi in Ariccia, Dipinti tra Rococò e Neoclassicismo da Palazzo Chigi in Ariccia e da altre raccolte, Ritratto e figura.Dipinti da Rubens a Cades, La collezione Amata da Bassano a Longhi, tenutesi a Cavallino negli anni 2012, 2013, 2014, 2015.
La mostra presenta un’accurata selezione di quaranta dipinti eseguiti dai massimi paesaggisti e vedutisti italiani e stranieri, attivi in Italia tra il XVII e il XIX secolo, in buona parte inediti o poco noti, in molti casi esposti per la prima volta in Italia, che raffigurano paesaggi ideali, paesaggi naturali e vedute di città, tra cui località caratteristiche e piazze celebri.

La mostra è incentrata sui principali centri del vedutismo legati al fenomeno del Grand Tour, cioè Roma e Venezia, ma sono presenti anche vedute di altre famose località connesse al viaggio in Italia, come Napoli, Palermo o Tivoli, la campagna romana o quella veneta.
I dipinti provengono in parte da collezioni pubbliche, come Palazzo Chigi in Ariccia, Il Museo di Roma e l’Accademia Nazionale di San Luca, mentre un importante nucleo si trova in collezioni private inglesi.
La “pittura di veduta”, cioè la rappresentazioni obiettiva di spazi urbani o urbanizzati, basata su una puntuale aderenza allo stato effettivo dei luoghi, che ha in Gaspare Vanvitelli un precursore, dai tre centri principali di irradiazione e propulsione ha conosciuto poi un’espansione internazionale. Essa nasce con funzioni celebrative, legata alle imprese di papi, principi e sovrani o come sfondo ad importanti cerimonie pubbliche, di cui si vuole tramandare la memoria.
La veduta diventa “capriccio”, cioè rimontaggio in contesti immaginari di architetture, ruderi o monumenti reali, seguendo spunti presenti nei dipinti di Claude Lorrain, nell’opera di prospettici come Viviano Codazzi e poi nel ‘700, specialisti come Giovanni Paolo Pannini. 
Il primo vero e proprio vedutista attivo a Roma nel campo della pittura fu l’artista olandese Gaspar van Wittel, italianizzato Gaspare Vanvitelli, il quale sottrasse la rappresentazione dei luoghi alla celebrazioni di eventi particolari, facendo assurgere a protagonisti per la prima volta e in maniera sistematica, piazze e scorci urbani. Non a caso mancano totalmente nelle sue opere feste, canonizzazioni, processioni, apparati effimeri e vedute carnevalesche, presenti in precedenza non solo nella pittura romana e napoletana. La massima espressione del vedutismo, non solo in Italia, è rappresentata dalla pittura veneziana del ‘700, con raffigurazioni oggettive della città, in primo luogo Venezia, che ebbero un mercato internazionale, diffondendosi in tutto il mondo a partire dall’Inghilterra. Interpreti di questo genere di grande successo commerciale furono, oltre al grande Canaletto, massimo interprete del razionalismo illuminista in pittura, artisti come Francesco Guardi, Michele Marieschi e tanti altri, fino al genio romantico di Ippolito Caffi, eroe risorgimentale e patriota morto nella battaglia di Lissa.
La veduta si configura come un vero e proprio genere, complementare alla “pittura di paesaggio”, che ha come soggetto la natura, con cui spesso si interseca e sovrappone ed è contigua alla “veduta ideata”, illusoriamente reale, come pure al “capriccio”, espresso in mostra da Giovanni Paolo Pannini, combinazione di motivi autentici e immaginari, che richiedeva specifiche competenze scientifiche in ambito prospettico e architettonico.
Il paesaggio italiano, celebrato nel corso dei secoli da artisti, letterati e poeti come incarnazione del “paesaggio ideale”, luogo del mito e della storia, assurge a specchio di un sentimento universale della natura, in cui le tracce millenarie della presenza dell’uomo si compenetrano nel connaturato senso di grandiosità e solennità.  
La trasfigurazione intellettualistica dei luoghi animata dalla presenza umana, con pastori e contadini, eroi del mito e della storia, tra vestigia archeologiche e borghi arroccati, è subordinata alla ricerca di una superiore armonia e un senso di olimpica pacatezza. L’emozione suscitata da tale paesaggio naturale e urbano è espressa con differenti connotazioni e sensibilità dai diversi artisti, tra ideale e reale, pittoresco e sublime.


In mostra opere di: Giovanni Angeloni, Johann Wilhelm Baur, Pietro Berrettini (Pietro da Cortona), Giuseppe Bernardino Bison, Ippolito Caffi, Antonio Canal detto Canaletto, Francesco Cozza, Guillaume Courtois detto Il Borgognone, Massimo D’Azeglio, Domenico De Marchis detto il Tempestino, Jean de Monper, Gaspard Dughet, Giacinto Gigante, Charles François Grenier De Lacroix, Francesco Guardi,  Jean Henry, detto Henry d’Arles, Ignoto, Jean Lemaire, Andrea Locatelli, Adrien Manglard,  Michele Marieschi, Filippo Napoletano, Giovanni Paolo Pannini, Edward Pritchett, Pandolfo Reschi, Marco Ricci, Sebastiano Ricci, Salvator Rosa, Agostino Tassi, Hendrick Frans van Lint, Cornelius van Poelenburgh, Gaspare Vanvitelli (Gaspar van Wittel), Giuseppe Zais, Julius Zielcke, Francesco Zuccarelli, Gottfried Rafael Wals.
La mostra è accompagnata da un catalogo, curato da Francesco Petrucci e pubblicato da De Luca Editori d’arte.       
      
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Il Palazzo Ducale Castromediano di Cavallino di Lecce
La struttura attuale dell’edificio è il risultato di una serie di ampliamenti e rimaneggiamenti avvenuti nei secoli, principalmente al tempo di Francesco Castromediano (1598-1663) in concomitanza con l’elevazione di Cavallino a marchesato.
Il palazzo occupa il lato nordoccidentale della piazza principale del paese; ha una pianta quadrata ed è composto da un corpo centrale più antico e da due bracci laterali più recenti. Solo la parte centrale, così come quella laterale destra, presenta la tipica decorazione merlata dei castelli medievali, tanto che il palazzo appare per alcuni aspetti un fortilizio per altri una residenza signorile. La parte posteriore è rimasta incompleta.
L'ingresso, rivolto verso settentrione, è quattrocentesco, mentre la facciata merlata col bastione risale al XVI secolo e così pure il lato che volge ad est e l’altro corpo architettonico, a due ordini, che prospetta sulla piazza. Al secolo successivo risale il lato nord della residenza, ove si notano arcate di rafforzamento statico. 
Nell'atrio sono collocati i due busti di Francesco e Domenico Ascanio Castromediano e una enorme statua, denominata "il gigante", che raffigura in abiti seicenteschi il capostipite della casata dei Castromediano, Kiliano di Limburg, nobile tedesco sceso alla metà del XII secolo in Italia Meridionale al servizio del re Guglielmo I detto il Malo, da cui ottenne cariche e i feudi di Pietrapertosa, Castrobelloso e Castelmezzano (Castrum medianum, da cui viene il nome della casata) nel territorio di Potenza.
Tra i numerosi ambienti del palazzo spicca la grande galleria, considerata da diversi studiosi una delle più belle sale delle residenze patrizie del Mezzogiorno e il primo esempio del gusto barocco nel Salento. Il duca Francesco, dopo il matrimonio con Beatrice Acquaviva d’Aragona, fece modificare una sala già esistente, elevandone i muri perimetrali, sostituendo la tettoia coperta di tegole con una serie di volte a stella e commissionandone il ricco apparato decorativo. Dotata di un pavimento realizzato in coccio pesto arricchito da piccole mattonelle smaltate verdi, nere, bianche e gialle, che disegnano un motivo di stelle, la galleria presenta nella volta gli affreschi del leccese Francesco Florio, raffiguranti le dodici costellazioni, purtroppo in parte mutili a causa delle offese del tempo, dell’incuria degli uomini e di incauti lavori di consolidamento.
Numerose statue in pietra leccese, di ottima fattura, realizzate dal palermitano Carlo d’Aprile (1621-1668) e dai suoi discepoli, decorano le pareti della galleria. Oltre ai busti dei componenti della famiglia Castromediano, sono presenti quindici statue di soggetto allegorico e due gruppi in cui sono raffigurati Enea, il padre Anchise e il figlio Ascanio.
Attigua al salone di rappresentanza è la cappella di Santo Stefano fatta costruire nel 1565 da don Giovanni Antonio II Castromediano, in cui sono collocati dipinti del copertinese Gianserio Strafella e dei suoi allievi (seconda metà XVI sec.)
In questo palazzo abitò Sigismondo Castromediano, archeologo, scrittore e patriota del Risorgimento, che vi morì nel 1895 e al quale si deve la fondazione dell’omonimo Museo Archeologico Provinciale di Lecce.
Oggi, dopo l’intervento di recupero realizzato negli anni 2004-2008, la galleria è sede di attività socio-culturali.






 Lia De Venere